Origine Storica del Quadrato del Sator
Le più antiche testimonianze certe del Quadrato del Sator risalgono al I secolo d.C., e provengono dall’area dell’Impero Romano. La scoperta più famosa è avvenuta a Pompei, dove il quadrato è stato ritrovato inciso su un muro e datato con certezza prima dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.. Questo dato è fondamentale, perché colloca il simbolo in un’epoca molto precoce e ne esclude una nascita medievale. Altri ritrovamenti antichi sono stati documentati:
- a Dura Europos (attuale Siria), città di frontiera dell’Impero Romano,
- in Britannia romana,
- in Africa settentrionale (attuale Algeria),
- e in varie zone della Gallia.

Il Quadrato del Sator inciso nel marmo
Questa ampia diffusione geografica suggerisce che il simbolo fosse conosciuto e trasmesso attraverso le reti culturali e militari romane, probabilmente già nel I–II secolo d.C. Il Quadrato del Sator utilizza parole latine, ma il loro significato complessivo non è immediatamente chiaro. La frase, se tradotta letteralmente, risulta ambigua: “Il seminatore Arepo tiene con cura le ruote” oppure “Il creatore governa con abilità le opere”, a seconda delle interpretazioni. Il termine più problematico è AREPO, che non compare in altri testi latini noti. Questo ha portato molti studiosi a ipotizzare che:
- sia un nome proprio,
- oppure una parola di origine celtica, iberica o orientale,
- o ancora un termine volutamente oscuro, inserito per rendere il quadrato indecifrabile ai non iniziati.
Dal punto di vista storico, il simbolo nasce in un periodo di forte sincretismo religioso, in cui convivevano culti pagani, filosofie ellenistiche, religioni misteriche e le prime forme di cristianesimo. Questo contesto è essenziale per comprendere perché un simbolo come il Sator potesse circolare e assumere significati diversi a seconda dell’ambiente. Dopo l’età romana, il Quadrato del Sator non scompare. Al contrario, riemerge con forza nel Medioevo. In questo periodo viene spesso associato a funzioni apotropaiche (di protezione), usato contro incendi, malattie, sventure e influenze negative. Il fatto che il simbolo venga tramandato per secoli, pur senza una spiegazione univoca, indica che il suo valore non era solo linguistico, ma soprattutto simbolico e rituale.
Interpretazioni, Significati e Misteri Irrisolti
Nel corso dei secoli il Quadrato del Sator ha dato origine a una quantità straordinaria di interpretazioni, spesso molto diverse tra loro. Questa pluralità di letture è dovuta al fatto che il quadrato è, allo stesso tempo, linguisticamente semplice e simbolicamente complesso: cinque parole latine di uso relativamente comune, disposte però in una struttura perfettamente simmetrica che suggerisce un’intenzione più profonda del semplice gioco enigmistico.
Una delle interpretazioni più diffuse è quella cristiana. Secondo questa lettura, il Quadrato del Sator sarebbe un messaggio cifrato utilizzato dai primi cristiani, in epoche in cui la nuova religione era perseguitata. Se si riorganizzano le lettere del quadrato, infatti, è possibile ottenere una croce composta dalla frase “PATER NOSTER”, disposta sia in verticale sia in orizzontale, lasciando fuori solo due lettere A e O, interpretate come Alfa e Omega, simboli di Dio principio e fine. Questa teoria, molto popolare a partire dal Medioevo, spiegherebbe la diffusione del quadrato in contesti cristiani e la sua presenza in edifici religiosi, monasteri e chiese.
Accanto a questa interpretazione, esistono però letture più antiche e non cristiane. Alcuni studiosi ritengono che il Quadrato del Sator abbia origini romane o addirittura pre-romane, e che fosse inizialmente un quadrato magico o apotropaico, cioè un simbolo destinato a proteggere luoghi, persone e raccolti. In molte culture antiche, la ripetizione simmetrica delle parole e la loro disposizione ordinata erano considerate capaci di creare equilibrio, ordine e difesa contro il caos. In questo senso, il Quadrato del Sator potrebbe essere stato usato come formula di protezione, indipendentemente dal suo significato letterale.

In Italia sono numerosi gli esempi del Quadrato Sator
Un altro filone interpretativo mette l’accento sul valore filosofico e cosmologico del quadrato. La parola centrale, TENET, funge da asse e da fulcro dell’intera composizione: “tenere”, “sostenere”, “mantenere”. Questa centralità è stata letta come metafora di un principio che regge il mondo, un ordine invisibile che mantiene l’equilibrio tra le forze. Il fatto che TENET possa essere letto in entrambe le direzioni rafforza l’idea di un tempo ciclico, di un eterno ritorno, concetti presenti sia nel pensiero romano sia in tradizioni filosofiche più antiche.
Non mancano poi interpretazioni linguistiche e critiche, secondo cui il Quadrato del Sator sarebbe semplicemente un palindromo complesso, un esercizio di abilità intellettuale nato in ambienti colti dell’Impero Romano. Alcuni latinisti sottolineano che la frase, presa alla lettera, è grammaticalmente ambigua e semanticamente debole, suggerendo che il suo vero scopo non fosse il significato, ma la struttura. In quest’ottica, il valore del quadrato risiederebbe nella sua perfezione formale, più che in un messaggio nascosto.
Ciò che rende il Quadrato del Sator davvero affascinante è che nessuna di queste interpretazioni esclude completamente le altre. È possibile che il simbolo abbia attraversato epoche e culture, assumendo significati diversi nel tempo: da gioco enigmistico a formula magica, da simbolo protettivo a segno cristiano, fino a diventare un archetipo visivo di ordine e mistero. Proprio questa stratificazione di significati, unita all’assenza di una spiegazione definitiva e universalmente accettata, mantiene il Quadrato del Sator vivo ancora oggi, come uno dei più enigmatici simboli della storia occidentale.
Il Quadrato del Sator e il Tadelakt
Dopo aver attraversato le ipotesi storiche, simboliche e religiose legate al Quadrato del Sator, resta un aspetto forse meno studiato ma altrettanto significativo: la sua continuità nel tempo come segno, più che come enigma da risolvere definitivamente. Il Sator non è solo un oggetto di studio, ma una forma che nei secoli è stata tracciata, incisa, murata, custodita, spesso senza spiegazioni razionali, proprio perché portatrice di un valore che supera la piena decodifica.
In questo senso, il legame con il Tadelakt nasce in modo naturale. Anche il Tadelakt è una tecnica antica, proveniente da un sapere tradizionale che si è tramandato per esperienza diretta, gesti, tempi e materiali, più che attraverso manuali o codificazioni teoriche. Entrambi appartengono a un mondo in cui la conoscenza non è solo scritta, ma incarnata nella materia.
Realizzare il Quadrato del Sator in Tadelakt non significa “spiegarlo” o interpretarlo in modo forzato, ma continuare una tradizione di presenza: portare un simbolo carico di mistero su una superficie che nasce da calce, terra e acqua, materiali essenziali e universali, gli stessi che l’uomo utilizza da millenni per abitare, proteggere e decorare i propri spazi. È una scelta di coerenza: un simbolo antico affidato a una tecnica antica, senza artifici, senza mediazioni moderne invasive.
Portare avanti questa tradizione “alla luce del sole” significa accettare il mistero senza banalizzarlo, usare materiali veri, tecniche lente e gesti consapevoli. È un modo per ricordare che non tutto ciò che ha valore deve essere spiegato fino in fondo: alcune forme attraversano i secoli proprio perché restano aperte, come il Sator, come il Tadelakt, come tutte le tradizioni che resistono al tempo.



