• Ait Benhaddou citta del pisé

Aït Benhaddou – La Città della Terra Cruda

Aït Benhaddou è un insediamento del Marocco costruito interamente con materiali locali, pensato per rispondere a un ambiente preciso e a condizioni climatiche altrettanto precise. Non nasce come architettura monumentale, ma come sistema abitativo organizzato, capace di adattarsi nel tempo senza perdere la propria coerenza. La terra cruda è l’elemento centrale di questo sistema. Utilizzata in forma di pisé e mattoni essiccati al sole, definisce muri spessi, volumi compatti e superfici continue. Non è una scelta di povertà né di improvvisazione, ma una tecnica consolidata, efficace nel controllo termico e nella gestione delle risorse disponibili. La sua durata non dipende dall’inerzia del materiale, ma dalla manutenzione regolare e dalla conoscenza del suo comportamento. Aït Benhaddou è organizzata come un insieme di unità interdipendenti. Le abitazioni, i passaggi, i magazzini e le torri difensive condividono lo stesso linguaggio costruttivo e rispondono alle stesse regole. L’architettura non è pensata per distinguersi, ma per funzionare come un corpo unico.

Origine e Storia di Aït Benhaddou

Aït Benhaddou, a circa 30 km dall’attuale Ouarzazate, nasce come insediamento fortificato lungo una delle principali vie carovaniere che collegavano il Sahara alle città dell’Atlante e dell’Atlantico. La sua posizione, nella valle dell’Ounila, permetteva di controllare il passaggio delle merci e delle persone tra sud e nord, rendendolo un punto strategico per il commercio e la difesa.

Le origini del ksar risalgono probabilmente all’XI secolo, anche se l’attuale configurazione è il risultato di ampliamenti successivi. Nel corso del tempo, diverse famiglie e gruppi tribali si sono stabiliti all’interno delle mura, costruendo abitazioni, granai e spazi comuni secondo un’organizzazione collettiva. La struttura non nasce da un progetto unitario, ma da un adattamento progressivo alle esigenze di protezione, approvvigionamento e vita comunitaria.

Ait Benhaddou è divisa dalla zona vecchia e la zona residenziale

Ait Benhaddou è divisa dalla zona vecchia e la zona residenziale

Il ruolo di Aït Benhaddou si rafforza tra il XVII e il XIX secolo, quando le rotte carovaniere tra Marrakech e il sud del Marocco diventano particolarmente attive. Il ksar funziona allora come punto di sosta e scambio, offrendo riparo, magazzini e controllo del territorio circostante. La sua posizione sopraelevata consente una lettura visiva ampia della valle, elemento fondamentale in un contesto in cui sicurezza e visibilità erano determinanti.

Con il progressivo spostamento delle vie commerciali e l’avanzare di nuove infrastrutture, l’insediamento perde parte della sua funzione economica centrale. Molti abitanti si trasferiscono nelle aree più basse e accessibili, lasciando il nucleo storico a un uso più limitato. Tuttavia, la struttura del ksar rimane leggibile, mantenendo la sua organizzazione originaria e il suo sistema costruttivo. Oggi Aït Benhaddou è riconosciuto come testimonianza di un modello insediativo basato sulla cooperazione e sull’uso consapevole delle risorse locali.

Il Pisé e Mattone Crudo di Aït Benhaddou

Il sistema costruttivo di Aït Benhaddou si basa principalmente su due tecniche: il pisé (terra battuta) e il mattone crudo essiccato al sole. Entrambe utilizzano una miscela di terra, acqua e talvolta fibre vegetali, pressata o modellata e lasciata asciugare naturalmente. Non c’è cottura, né trasformazione chimica: la resistenza deriva dalla compattazione e dallo spessore delle murature.

I muri risultanti sono massicci, spesso superiori al mezzo metro, e svolgono una funzione termica essenziale. Durante il giorno accumulano calore, rilasciandolo lentamente nelle ore più fredde, mentre all’interno mantengono una temperatura relativamente stabile. Questa inerzia termica rende l’architettura adatta a un clima secco, con forti variazioni tra giorno e notte.

Vista di Ait Benhaddou, Marocco

Vista di Ait Benhaddou, Marocco

La costruzione in terra richiede però una manutenzione costante. Le superfici devono essere regolarmente riprese, soprattutto dopo le piogge, e gli strati deteriorati sostituiti. Questo processo non è considerato un difetto, ma parte integrante del sistema: la durabilità non è affidata all’immutabilità del materiale, bensì alla sua rinnovabilità.

A Aït Benhaddou, la manutenzione è tradizionalmente un’attività collettiva. Le abitazioni non sono entità isolate, ma parti di un insieme continuo. Riparare un muro significa preservare l’equilibrio dell’intero complesso. Per questo la tecnica costruttiva non è mai separata dall’organizzazione sociale che la sostiene.

La terra cruda, in questo contesto, non rappresenta un ritorno al passato né una soluzione primitiva. È una tecnologia pienamente funzionale, fondata su conoscenze empiriche affinate nel tempo. Il suo valore risiede nella capacità di adattarsi, di essere riparata e trasformata senza perdere coerenza. Aït Benhaddou dimostra come una materia semplice, se compresa a fondo, possa sostenere un sistema abitativo complesso e durevole.

Aït Benhaddou e l’Attualità della Terra Cruda

L’interesse contemporaneo per la costruzione in terra cruda non nasce da una riscoperta nostalgica, ma da esigenze molto attuali. Controllo termico, riduzione dell’impatto ambientale, disponibilità dei materiali e facilità di manutenzione sono temi che oggi tornano centrali, e che in luoghi come Aït Benhaddou non sono mai stati teorici, ma pratici.

Negli ultimi anni, queste stesse qualità stanno attirando l’attenzione di architetti e progettisti che cercano alternative a sistemi costruttivi energivori. L’architettura in terra cruda viene studiata non per essere replicata formalmente, ma per i principi che la regolano: uso di materiali locali, cicli di vita lunghi, possibilità di riparazione, integrazione con il clima.

Le Mura interne di Ait Benhaddou

Le Mura interne di Ait Benhaddou

Aït Benhaddou diventa così un riferimento non per essere imitato, ma per essere compreso. Il suo valore non sta nell’immagine iconica delle torri o delle mura, ma nella logica che le sostiene. Una logica in cui costruire significa conoscere il comportamento della materia, accettarne i limiti e lavorare con essi invece di contrastarli. In questo senso, la terra cruda non appartiene solo al passato. Continua a offrire strumenti utili per pensare l’abitare contemporaneo, soprattutto in contesti dove le risorse sono limitate e la sostenibilità non è una scelta estetica, ma una necessità concreta.

Le Tecniche Secolari di Aït Benhaddou

La costruzione in terra cruda, come avviene ad Aït Benhaddou, non appartiene solo al passato. È una tecnica che ha attraversato i secoli perché ha sempre risposto a bisogni reali: controllo del clima, disponibilità dei materiali, possibilità di manutenzione. Oggi, mentre si torna a interrogarsi sul rapporto tra costruire e ambiente, queste stesse qualità tornano ad avere valore.

Lo stesso processo si osserva in altre pratiche artigiane del Marocco. Il Tadelakt, per esempio, è tornato a essere studiato e utilizzato non per la sua immagine, ma per le sue prestazioni. Lo stesso vale per lo zellige, che continua a essere prodotto secondo logiche di precisione manuale e di durata. In tutti questi casi, ciò che rende le tecniche attuali non è la loro antichità, ma la loro capacità di rispondere ancora a esigenze concrete.

Aït Benhaddou si inserisce in questa continuità. La terra cruda non viene recuperata come simbolo, ma come sistema costruttivo completo, capace di dialogare con il clima, con il tempo e con l’uso quotidiano. È una conoscenza che non si è mai interrotta del tutto e che oggi viene osservata con nuovi occhi, non per essere replicata in modo letterale, ma per essere compresa.