La sapienza degli antichi artigiani yemeniti, un patrimonio culturale da preservare

Le tecniche di decorazione a calce sono tradizioni che affondano le loro radici nelle pieghe della storia di diversi popoli antichi. È difficile intuire quanto le une abbiano influenzato le altre, ma esaminandone alcune si possono notare affinità che potrebbero indicare un’origine comune. È il caso, per esempio, del tadelakt e del qadad.

Il qadad è un’antichissima tecnica decorativa di origine yemenita, che risale al VIII secolo a.C. ed è usata ancora oggi, sebbene stia progressivamente cadendo in disuso. Molto simile al tadelakt, è nata principalmente per proteggere e impermeabilizzare le superfici esterne degli edifici. In particolare, trova largo uso per le cisterne e per i tetti di case e moschee.

Come il tadelakt, il qadad viene sempre prodotto con una base di calce. Tuttavia, la sua peculiarità sta nella miscela: la calce viene infatti miscelata con terre di origine vulcanica. Lo Yemen è una terra che abbonda di vulcani, perciò è naturale che fin dall’antichità le rocce vulcaniche siano state utilizzate dai popoli locali. La zona della capitale Sana’a, uno dei centri principali della produzione di qadad, è caratterizzata dalla forte presenza di pietre laviche. In altre zone del paese vengono usate anche sabbia di fiume e altri tipi di pietre, ma che siano sempre il più possibile di origine vulcanica.

Preparazione e applicazione del qadad

La calce estratta nelle cave viene portata alle fornaci, dove viene cotta in modo analogo a quanto avviene con il tadelakt. Una volta avvenuta la carbonatazione, la calce viva viene spenta e mescolata con acqua fino ad ottenere la consistenza di una pasta, che deve essere poi lasciata riposare per una settimana. Le pietre vulcaniche vengono poi frantumate e unite alla pasta. La proporzione per ottenere la giusta miscela è: un terzo di calce, due terzi di pietre vulcaniche. Se il materiale contiene troppa calce, avrà una consistenza molto grassa; se non ne contiene abbastanza, sarà troppo secco. L’impasto così ottenuto viene poi stoccato e lasciato riposare per qualche giorno, per poi passare all’applicazione vera e propria.

Prima di applicarlo, occorre aggiungere nuovamente dell’acqua all’impasto del qadad per lavorarlo meglio. Un artigiano accorto baderà anche che la superficie dove sarà applicato rimanga sufficientemente umidificata. In questo modo, non andrà ad assorbire l’acqua della calce.

Si procede dunque ad applicare il primo strato di qadad. Questo strato avrà inizialmente uno spessore di 8-10 centimetri, ma verrà poi compresso con delle pietre e livellato con l’aiuto delle spatole. Occorrerà fare forza con le pietre, adeguando la pressione, finché il materiale non sarà compatto, regolare e ridotto a circa la metà dello spessore iniziale. Questo procedimento, meticoloso quanto faticoso, richiede l’azione combinata di più artigiani e può protrarsi anche per qualche giorno. In questi casi, ogni sera la superficie di lavoro viene coperta con un telo protettivo per evitare che si secchi troppo in fretta. Una volta che la prima mano sarà abbastanza dura e compatta, si procederà all’applicazione di una seconda e, a volte, anche di una terza. Per finire, la superficie dell’ultima mano verrà spennellata con uno strato protettivo di latte di calce, con l’aiuto di una spazzola in foglie di palma. Questo strato sarà poi strofinato con una pietra pomice, in modo che penetri bene nella calce. Alla fine, come per il tadelakt, gli artigiani lucideranno la superficie con una pietra liscia e un leggero strato protettivo di grasso.

Il qadad è presente in numerosi complessi di moschee e hammam in tutto lo Yemen. Come il tadelakt, è completamente naturale, ha proprietà impermeabilizzanti e può durare anche per secoli. Durante il ventesimo secolo, la tecnica era caduta in disuso, poiché ritenuta da molti troppo costosa per le odierne leggi di mercato. Infatti, nonostante la sua durevolezza rappresentasse un investimento a lungo termine, i tempi abbastanza lunghi e la quantità di manodopera richiesta lo facevano apparire poco conveniente. Ciò avvenne in particolare negli anni Sessanta, quando il qadad fu completamente soppiantato dal cemento.

Tuttavia, sono ancora molti gli edifici antichi che ci portano una testimonianza di quanto sia bello e durevole. Un esempio è la moschea Al-Mudhaffar, il cui hammam è il più antico complesso di bagni pubblici ancora presente in Yemen. Altro sito di grande importanza è la Madrasa (scuola) Amiriya, situata nel distretto di Rada’a. Questo stupefacente edificio, costruito nel 1504, è una pietra miliare nel patrimonio storico-culturale yemenita. All’inizio degli anni Ottanta, grazie agli sforzi della dottoressa Selma al-Radi, fu varato un progetto di restauro e conservazione dell’intero edificio che continuò fino al 2005. In questa occasione, il qadad che ricopriva le facciate esterne fu interamente restaurato e riporetato al suo antico splendore.

Questo ed altri progetti di restauro intrapresi nello stesso periodo, hanno fatto sì che lo Yemen riscoprisse la bellezza di questa importante e antica tecnica tramandatagli dai loro avi. Oggi, l’Organizzazione generale per la salvaguardia degli edifici storici si sta interessando alla conservazione di questa importante conoscenza, promuovendo l’uso del qadad nei lavori di restauro.