SATOR

Un enigma millenario ancora da scoprire

Il mistero intrinseco nel quadrato del Sator evoca un’aura di antica magia e affascinante enigma.

Questa enigmatica iscrizione latina, disposta in un intrigante quadrato magico, è composta da cinque parole misteriose: SATOR, AREPO, TENET, OPERA, ROTAS. Quando vengono messe insieme nell’ordine indicato, si materializza un palindromo, una frase che rimane identica sia letta da sinistra a destra che da destra a sinistra.

L’enigma del Sator ci trasporta nel cuore dei classici quadrati magici aritmetici. In questi enigmatici quadrati, i numeri sono disposti con precisione in celle separate, creando una perfetta simmetria in modo che ogni riga, ogni colonna e le due diagonali principali abbiano la stessa somma. Questi quadri matematici, scoperti e svelati da antichi popoli, erano inizialmente considerati portatori di buon auspicio, simboli di un’universale perfezione matematica e, di conseguenza, riflessi della saggezza divina. Con il passare dei secoli, questi quadrati si sono trasformati in potenti simboli protettivi, anche se il loro significato spirituale originario è sfuggito al tempo. Eppure, ancora oggi, rimangono affascinanti enigmi matematici, custodi di segreti profondi.

I primi esempi noti del quadrato di Sator ci riportano indietro nel tempo, sicuramente prima dell’epocale eruzione di Pompei. In questa città ai piedi del Vesuvio, sono stati ritrovati diversi di questi misteriosi quadrati, almeno tre, tra cui uno nella dimora di Paquio Proculo e un altro inciso su una colonna maestosa della Palestra Grande. Dopo l’eruzione catastrofica, il quadrato ha continuato a emergere in luoghi inaspettati: in Inghilterra, a Cirencester, l’antica Corinium; in Francia, a Santiago di Compostela; tra le rovine di una fortezza romana in Ungheria; e persino in terre remote come Egitto e Abissinia. Con il passare del tempo, il quadrato ha continuato a svelarsi nei posti più improbabili: una Bibbia carolingia, una cappella dell’Inquisizione spagnola, una moneta dell’imperatore Massimiliano II e persino sul fondo di un’antica coppa d’argento rinvenuta su un’isola scandinava.

In Italia, i ritrovamenti sono troppi per essere elencati uno per uno. Il quadrato ha svelato i suoi segreti nelle abbazie di Veroli e Montecassino, nelle mura della Pieve di San Giovanni a Campiglia Marittima, nelle navate delle chiese di Santa Maria Maddalena in Campo Marzo a Verona e di San Michele di Pescantina, e persino nelle profondità del Duomo di Siena. In ogni angolo del nostro paese, questo enigmatico simbolo continua a svelare la sua presenza, incantando e misteriosamente affascinando chiunque lo incontri.

Nonostante le molte ipotesi avanzate, il suo senso e il suo significato simbolico rimangono oscuri, come un antico segreto nascosto tra le pieghe del tempo.

Nel tentativo di svelare questo enigma, si è fatto affidamento principalmente sul significato delle singole parole che compongono il quadrato.

Queste traduzioni, pur apparentemente logiche da un punto di vista linguistico, non offrono una chiave di risoluzione completa per il mistero. L’incognita persiste, e la domanda rimane sospesa nell’aria: come può una frase così enigmatica, anche se incisa in forma di palindromo, avere attraversato le ere con tale misteriosa e duratura importanza?

Oltretutto, queste interpretazioni non riescono a spiegare la provenienza della parole AREPO. È l’unica parola il cui significato e l’origine sono rimasti celati, poiché non compare in nessun altro testo latino di cui siamo attualmente a conoscenza. Si è tentato di spiegarla tramite derivazioni linguistiche o addirittura di considerarla un nome proprio, ma non c’è modo di sapere se una di queste ipotesi sia giusta.

Diverse altre interpretazioni ritengono che il quadrato sia una sorta di codice usato dai primi cristiani, all’epoca in cui erano costretti a professare la fede di nascosto. Le teorie iniziali suggerivano che questo quadrato fosse il loro codice segreto, un velo sottile dietro cui adorare la croce senza destare sospetti. Le due parole, “TENET”, scritte al centro del quadrato, disegnavano con precisione una croce perfetta, un segno nascosto di devozione.

In seguito Felix Grossner, un pastore evangelista, anagrammò le lettere del Sator, e da quelle parole iniziarono a emergere le lettere di “PATERNOSTER”, incrociate tra la A e la O. Questa rivelazione portò alla mente l’Alfa e l’Omega dell’alfabeto greco, che Grossner interpretò come una citazione dell’Apocalisse di San Giovanni: “Io sono l’Alfa e l’Omega, l’inizio e la fine, colui che è, che è stato e che sarà” (Apocalisse, 1-8, 21-6 e 22-13).

Nonostante l’audacia di questa interpretazione, gli storici non sono unanimi nei loro giudizi. Alcuni sostengono che la datazione del Sator sia troppo antica per essere considerato un simbolo esclusivamente cristiano, anche se ammettono la sua profonda componente religiosa e filosofica. Tuttavia, il dibattito ha recentemente trovato nuova linfa nelle pagine di un libro della storica Lucia Vincenti, “SATOR-ROTAS – Il segreto svelato”. Quest’opera accende nuovamente il fuoco del mistero, suggerendo che questo enigma potrebbe essere stato un simbolo segreto dell’antico e leggendario ordine cristiano dei Rosacroce.